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Avvocato, ora anche consigliere comunale di opposizione a Montepulciano, con la lista civica "Daniele Chiezzi per Montepulciano". Che ancora, nonostante tutto, ci crede. E lo esprime come può, con i propri limitatissimi mezzi, cercando di dare voce anche agli altri, ad iniziare da questo blog. Il motto: non esiste attività umana in grado di affermare giustizia assoluta...ma almeno cerchiamo di migliorarla il più possibile!

giovedì 8 dicembre 2011

domenica 18 ottobre 2009, 18.50.10 | danielechiezzi
"Stato: Entità giuridica e politica sovrana costituita da un territorio, da una popolazione che lo occupa e da un ordinamento giuridico attraverso cui la sovranità viene esercitata."

Ho scomodato il Dizionario italiano Sabatini Coletti (Giunti ed. 1997) per rinfrescarmi le idee prima di scrivere questo post...

Siamo in Italia, anno 2009, ed al momento attuale abbiamo un'unica certezza: il territorio (ma forse qualcuno potrebbe obiettare anche su questo!).

Già sulla "popolazione che lo occupa" molto vi sarebbe da dire e certamente si può affermare che la popolazione "che vorrebbe occuparlo" sarebbe molta di più!

Ma i problemi maggiori arrivano ragionando sul "terzo elemento findamentale" : l'ordinamento giuridico attraverso cui la sovranità viene esercitata.

Lo strumento giuridico, nel nostro caso, dovrebbe essere la Costituzione repubblicana, nella versione (formale o sostanziale?) attuale.

Iniziamo questo ragionamento da alcuni dati:

il Parlamento è composto dalla Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica (art. 55 Cost.), entrambe le Camere sono elette a suffragio universale (artt. 56 e 58 Cost.).
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere (art. 70 Cost.) e l'iniziativa legislativa appartiene in primis al Governo, poi ai membri del Parlamento ed agli organi ed enti ai quali sia conferita con legge costituzionale; il popolo ha iniziativa legislativa se almeno 50.000 elettori sottoscrivono una proposta di legge redatta in articoli (art. 71).

Le leggi costituzionali sono sempre appannaggio delle Camere, essendo solo necessarie doppie letture e maggioranze più qualificate, in particolare essendo sottoponibili a referendum le leggi costituzionali che in seconda lettura non abbiano ottenuto una maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera (420 per la Camera e 215 - ad oggi - per il Senato). Soltanto la forma repubblicana dello Stato non può essere oggetto di revisione costituzionale.

La magistratura deve amministrare la giustizia in nome del popolo ed i giudici sono soggetti solo alla legge (art. 101 Cost.); la magistratura costituisce ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere (art. 104 Cost.).

La legge può limitare ai magistrati il diritto di iscriversi ai partiti politici (art. 98, comma 3, Cost.).

Riporto adesso uno stralcio della sentenza 224/2009 della Corte Costituzionale (rinvenibile facilmente da chiunque dal sito ufficiale: www.cortecostituzionale.it):

"
Deve riconoscersi – e non sono possibili dubbi in proposito – che i magistrati debbono godere degli stessi diritti di libertà garantiti ad ogni altro cittadino e che quindi possono, com'è ovvio, non solo condividere un'idea politica, ma anche espressamente manifestare le proprie opzioni al riguardo.
    Ma deve, del pari, ammettersi che le funzioni esercitate e la qualifica rivestita dai magistrati non sono indifferenti e prive di effetto per l'ordinamento costituzionale (sentenza n. 100 del 1981).
    Per la natura della loro funzione, la Costituzione riserva ai magistrati una disciplina del tutto particolare, contenuta nel titolo IV della parte II (artt. 101 e ss.): questa disciplina, da un lato, assicura una posizione peculiare, dall'altro, correlativamente, comporta l'imposizione di speciali doveri.
    I magistrati, per dettato costituzionale (artt. 101, secondo comma, e 104, primo comma, Cost.), debbono essere imparziali e indipendenti e tali valori vanno tutelati non solo con specifico riferimento al concreto esercizio delle funzioni giudiziarie, ma anche come regola deontologica da osservarsi in ogni comportamento al fine di evitare che possa fondatamente dubitarsi della loro indipendenza ed imparzialità.
      Proprio in questa prospettiva, nel bilanciamento tra la libertà di associarsi in partiti, tutelata dall'art. 49 Cost., e l'esigenza di assicurare la terzietà dei magistrati ed anche l'immagine di estraneità agli interessi dei partiti che si contendono il campo, l'art. 98, terzo comma, Cost. ha demandato al legislatore ordinario la facoltà di stabilire «limitazioni al diritto d'iscriversi ai partiti politici per i magistrati» (nonché per le altre categorie di funzionari pubblici ivi contemplate: «i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all'estero»).
      La Costituzione, quindi, se non impone, tuttavia consente che il legislatore ordinario introduca, a tutela e salvaguardia dell'imparzialità e dell'indipendenza dell'ordine giudiziario, il divieto di iscrizione ai partiti politici per i magistrati: quindi, per rafforzare la garanzia della loro soggezione soltanto alla Costituzione e alla legge e per evitare che l'esercizio delle loro delicate funzioni sia offuscato dall'essere essi legati ad una struttura partitica che importa anche vincoli gerarchici interni. "

Ma se tutto ciò è vero - e deve essere vero! - qualcuno è in grado di spiegarmi chi stia "debordando" dalle proprie funzioni?
E quale diritto abbia di cercare di mettersi di traverso a riforme finalizzate ad applicare esattamente tali principi, oltrechè - e non è cosa da poco, riguardando tutti i cittadini - quell'art. 111 della Costituzione, approvato in maniera "bipartisan" e che impone, tra le altre cose, l'attuazione della separazione delle carriere tra pubblici ministeri (inevitabile parte processuale) e giudici (destinati sotto ogni profilo ad essere arbitri super partes)?

E' veramente uno strano Stato quello in cui la magistratura si solleva contro necessarie riforme, prima ancora di conoscere i relativi contenuti, dimostrando, ciò facendo, non di essere esecutrice della legge, bensì  fautrice di un "input legiferandi" (o "non legiferandi", in questo caso!) ben contrario ai principi costituzionali stessi e dunque, con atteggiamento definibile "contra legem" e quindi contro lo Stato di diritto sancito dalla nostra Carta fondamentale.

Così essendo si agitino pure i Signori magistrati; arrivino persino a scioperare; anche ad oltranza:
saranno loro a dover rispondere all'opinione pubblica del proprio ingiustificato comportamento (e con essi chi avrà il coraggio di sostenerli), non certo i promotori delle riforme!

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