A difesa del ruolo del giudice (e contro il giustizialismo)
Da altro sito apprendo che secondo una notizia di stampa un giudice sarebbe accusato di "procurata scadenza termini" per aver escluso l'aggravante di mafia.
Secondo detto articolo il concetto sarebbe il seguente: se sono usciti (gli imputati) c'è stato un errore; o quantomeno un fraintendimento, in quanto il giudice - dopo la ridondante elencazione di pareri di p.m. e forze dell'ordine, evidentemente ritenuti più autorevoli - "incomprensibilmente" ribadisce il proprio convincimento circa l'assenza dell'aggravante e la conseguente giustezza della scarcerazione.
Orbene, questo giudice (questo tipo di giudice!) va difeso (come il giudice del caso Stasi): subito e con evidenza.
Orbene, questo giudice (questo tipo di giudice!) va difeso (come il giudice del caso Stasi): subito e con evidenza.
Il coraggio e la forza morale del giudice troppo spesso vengono mediaticamente subordinati alla condanna.
Ma è vero il contrario: il ruolo del giudice in primo luogo è quello di evitare la condanna ingiusta, non quello di dare soddisfazione alla pubblica opinione!
E' necessario che il giudice non debba temere le conseguenze della corretta conduzione del processo.
Altrimenti, se sarà solo di fronte alla stampa che lo addita, ai colleghi che lo emarginano, al ministro che lo ispeziona, sarà costretto a forzare il suo libero convincimento per evitare lo spauracchio della decorrenza termini (non escludendo l'aggravante che pure crede insussistente), od in alternativa a far svolgere "processi sommari", per cadenze temporali e rispetto delle regole processuali (diritto alla prova difensiva al pari del diritto della Pubblica Accusa della prova a carico).
...siamo alla tristissima vittoria "dell'apparire" nella iniqua conflittualità con "l'essere"...
non conta più ciò che è ma ciò che sembra essere...
Per fare un esempio pratico emergente dalle cronache quotidiane giusto oggi il sindacato calciatori lamenta lesa libertà perchè la FIGC ha imposto il divieto di bestemmia.
Anche questo è simbolo di una distorta visione del mondo giusto: è il concetto stesso di "giustizia" che ha perso unitarietà, perchè ormai ognuno si sente "libero" di interpretarlo a piacere.
Rispetto per sè dovrebbe stare su un piatto della bilancia assolutamente allineato al piatto in contrapposizione ove posi il rispetto per gli altri.
Ma non è più così.
In questo "tranello" si cade ormai anche e soprattutto nell'interpretazione di norme processuali e sostanziali penali, con "logiche" interpretative condizionate da fattori esterni e non dal puro libero convincimento del giudice (peraltro vincolato al dato testuale della norma ed ai principi costituzionali e codicistici da applicare caso per caso).
In estrema sintesi stiamo cadendo "nell'antidiritto"...la più pericolosa deriva per uno Stato democratico e costituzionalmente basato sul Diritto Positivo.
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