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Avvocato, ora anche consigliere comunale di opposizione a Montepulciano, con la lista civica "Daniele Chiezzi per Montepulciano". Che ancora, nonostante tutto, ci crede. E lo esprime come può, con i propri limitatissimi mezzi, cercando di dare voce anche agli altri, ad iniziare da questo blog. Il motto: non esiste attività umana in grado di affermare giustizia assoluta...ma almeno cerchiamo di migliorarla il più possibile!

domenica 11 dicembre 2011

Professione forense: il coraggio di dire no

domenica 2 gennaio 2011, 16.37.23 | danielechiezzi
Negli anni - ormai non pochi  - di professione ha assunto vigore, in me, l'esigenza di rafforzare in tutti i colleghi il coraggio di dire no ai propri clienti.
Parto da un esempio: condanna in grado di appello (di conferma) a pena detentiva, con rischio di effettività della medesima, in executivis, a carico dell'imputato, all'esito di un secondo grado di merito caratterizzato da motivi di impugnazione assai modesti in diritto e totalmente infondati in fatto.

Di recente mi sono capitati alcuni casi, inviatimi da colleghi non cassazionisti, che avevano assistito l'imputato nei precedenti gradi di giudizio.
Nessuna possibilità di redigere un ricorso per cassazione non inammissibile, visto che oggi il ricorso può essere inviato (sulla base di un primo esame sommario) alla settima sezione della suprema Corte anche "soltanto" per manifesta infondatezza!
"Avvocato non posso andare in carcere", questo è il solito ritornello del condannato con doppia conforme, recidivo reiterato dichiarato in sentenza! Con la conseguente domanda: "avvocato mi fa il ricorso?"
Ma cosa posso fare io, di fronte alla assoluta impossibilità di redigere un ricorso di legittimità in grado - quanto meno - di superare le "forche caudine" senza il "disonore" della settima sezione e della successiva dichiarazione di inammissibilità?
In estrema sintesi: qualcosa che almeno valga la pena per non considerare "rubati" i soldi chiesti al cliente per un simile ricorso?
Piccola cosa da far notare ai "meno esperti": la dichiarazione di inammissibilità preclude anche la liquidazione in favore del difensore ammesso al patrocinio a spese dello Stato (oltre ad aggiungere una condanna ad una sanzione pecuniaria in favore della Cassa per le Ammende)... dunque non fateci affidamento per...le vostre esigenze!
La risposta mia, adeguatamente motivata, è semplicemente "no"!
E' necessario spiegare l'assoluta inutilità del ricorso, perchè in pochi mesi ne seguirebbe declaratoria di inammissibilità e, dunque, rinvierebbe il problema dell'esecuzione pena soltanto per un periodo di tempo irrilevante, ma non lo eliminerebbe affatto.
Va detto, poi, al riguardo, che un ricorso per cassazione si inizia a predisporre con le eccezioni in primo grado (meglio ancora se formulate con memorie difensive e, dunque, per scritto), con un'accorta conduzione dell'istruttoria per cercare di far emergere quanti più dubbi possibili e, successivamente, con i motivi di appello, perchè è centrale il limite devolutivo delle impugnazioni!
E' l'ora di farla finita con il presentare atti di appello sciattamente buttati giù, ai limiti dell'inammissibilità, quasi fosse una semplice istanza di riesame nel merito. Tanto poi, per togliersi le proprie castagne dal fuoco, si manda il cliente dal cassazionista più esperto...
Ecco: l'avvocato che (per i più svariati motivi) non sia in grado di poter dire di no ad un cliente è un avvocato non libero e - come tale - non in grado di poter svolgere al meglio la propria importante funzione, che è e rimane la difesa nel processo!

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