per la separazione delle carriere giudici - pm
Giovanni Falcone nel 1991 fu intervistato da Repubblica, esprimendosi chiaramente per la separazione delle carriere:
“Un sistema accusatorio parte dal presupposto di un pubblico ministero che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento, dove egli rappresenta una parte in causa. Gli occorrono, quindi, esperienze, competenze, capacità, preparazione anche tecnica per perseguire l’obbiettivo. E nel dibattimento non deve avere nessun tipo di parentela col giudice e non essere, come invece oggi è, una specie di para- giudice. Il giudice, in questo quadro, si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti.
Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e Pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri. Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’azione penale, desideroso di porre il Pm sotto il controllo dell’Esecutivo. E’ veramente singolare che si voglia confondere la differenziazione dei ruoli e la specializzazione del Pm con questioni istituzionali totalmente distinte” (Giovanni Falcone, La Repubblica, 3 ottobre 1991).
La separazione delle carriere è l'anello mancante per una vera giustizia di stampo accusatorio, per completare il disegno voluto dai padri del codice di procedura penale introdotto in Italia nel 1989, per dare finalmente attuazione all'articolo 111 della Costituzione che prevede un giudice terzo e non posto (come ha fatto ieri il procuratore di Bergamo) sullo stesso piatto della bilancia della pubblica accusa.
Tutti cercano un assassino ed è giusto cercarlo, ma una volta posto sotto processo qualcuno non si deve credere, come è facile con l'impostazione di giudice e PM sullo stesso piatto della bilancia, che ad accusa debba necessariamente corrispondere responsabilità e, conseguntemente, condanna.
Un vero processo deve verificare compiutamente in dibattimento se l'accusa sia sorretta da elementi "al di là di ogni ragionevole dubbio", perchè la Costituzione impone l'assoluzione, senza la certezza processuale della responsabilità penale di qualsiasi imputato.
E SE FOSSE INNOCENTE? Questo è il vero quesito di ogni processo penale, perchè non è tollerabile un condannato qualunque, un caprio espiatorio per placare le folle alla ricerca di un mostro, chiunque esso sia. Perchè non sarebbe giustizia ed il vero mostro rimarrebbe libero, protetto da un innocente in galera; libero anche di colpire.
Ecco perchè è importante che il giudice sia completamente autonomo e privo di condizionamenti da parte del pubblico ministero: per poter valutare con assoluta autonomia ed evitare di cadere nell'errore di qualcuno che impone la sua presenza nello stesso punto della bilancia ove si trovi il giudice, quest'ultimo non libero di soppesare le ragioni poste sull'uno o sull'altro piatto, facendo liberamente oscillare l'ago fino a fermarsi sul punto di ragione, secondo gli elementi forniti dalle parti in giudizio.
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