L'altro lato della medaglia (il coraggio di dire sì)!
Nel post precedente ho parlato del coraggio di dire no da parte di un avvocato (quale elemento essenziale della libertà professionale).
Ma come in ogni ambito della vita vi è il lato opposto della medesima libertà: il coraggio di dire sì!
Tolti tutti i casi di (almeno potenziale) conflitto di interessi (ed il più banale è quello di dover assumere la difesa di una posizione almeno in parte confliggente con altro assistito dal medesimo studio), vi sono molteplici situazioni nelle quali l'avvocato (non necessariamente il penalista, ma anche lui) si trovi di fronte a scelte difficili.
Tolti tutti i casi di (almeno potenziale) conflitto di interessi (ed il più banale è quello di dover assumere la difesa di una posizione almeno in parte confliggente con altro assistito dal medesimo studio), vi sono molteplici situazioni nelle quali l'avvocato (non necessariamente il penalista, ma anche lui) si trovi di fronte a scelte difficili.
Nell'ambito penale la cosa a volte assume, per l'opinione pubblica, l'aspetto del clamoroso e non è raro che, pur parlando d'altro, qualsiasi avvocato con qualche anno di professione alle spalle si sia sentito chiedere: "Ma quello lì come fa a difenderlo!", oppure, più genericamente: "Come fa a difendere i criminali?".
Se la dovessi buttare sul piano culturale o filosofico il ragionamento si farebbe particolarmente lungo; basti dunque richiamare i principi costituzionali della presunzione di non colpevolezza e di giustezza della pena per passare oltre.
Ma il vero problema - non dico quotidiano, ma per molti abbastanza frequente - è quello di poter liberamente assumere una difesa nella totale assenza di condizionamenti; dunque nella piena capacità di poter valutare il caso ed indicare le mosse all'assistito secondo solo e soltanto le proprie capacità valutative ed operative, senza limitazione alcuna.
E direi anche senza l'assillo della questione economica, perchè nessuno può essere buon difensore se ad ogni passo debba stare attento al relativo suffragio economico.
Anche questo ci riporta indietro ai tanti discorsi fatti in questi anni sulle condizioni economiche del difensore: può un avvocato essere buon difensore se condizionato in ogni sua mossa dall'esigenza di fare cassa?
La risposta può essere soltanto no!
Basti un esempio: patteggiamento in luogo di giudizio ordinario quando non sia inevitabile una condanna per il proprio assistito.
Patteggiare significa "pochi, maledetti e subito" sia in termini di condanna per l'assistito, sia in termini pecuniari per il difensore: poco sforzo, rapida conclusione, nessun rischio dinanzi al cliente (basta farlo convinto che per lui la miglior soluzione è il patteggiamento), certezza di riuscire ad incassare la parcella, spesso presentata (e riscossa) prima della definizione del giudizio.
Ma ragionando in astratto nella maggior parte dei casi non si tratterebbe della miglior scelta difensiva!
I condizionamenti, poi, possono essere i più vari: assumere una difesa contro l'opinione pubblica, contro un grosso soggetto politico od un potere economico, contro il difeso del nostro più caro Collega od in favore di un imputato che dovrà essere accusato o giudicato da un magistrato con il quale abbiamo studiato insieme all'università. Tanto per esemplificare le prime cose passatemi per la testa...
I condizionamenti, poi, possono essere i più vari: assumere una difesa contro l'opinione pubblica, contro un grosso soggetto politico od un potere economico, contro il difeso del nostro più caro Collega od in favore di un imputato che dovrà essere accusato o giudicato da un magistrato con il quale abbiamo studiato insieme all'università. Tanto per esemplificare le prime cose passatemi per la testa...
Ebbene in tutte le ipotesi nelle quali sia solo comparsa nella nostra mente un'ipotesi di "anomalia" alla libertà operativa dovremmo prima chiederci se permanga l'assoluta libertà di agire nell'esclusivo interesse dell'assistito, assumendo il coraggio di un sì al mandato difensivo, perchè se solo e soltanto vi fosse un'ombra alla nostra capacità difensiva il caso imporrebbe un diniego alla proposta di incarico!
Dunque non di rado dire di sì impone una scelta coraggiosa: la forza di poter assumere un incarico nella totale autonomia e libertà di agire, nell'ottica della miglior assistenza possibile al nostro patrocinato, pur dovendo attraversare con un piccolo natante le tempestose acque di una lunga vicenda processuale.
E non è esattamente quello che sempre accade tutti i giorni per ciascuno di noi!
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti sono comunque filtrati